La presenza dell’assistente sociale all’interno dell’ospedale venne istituita a livello normativo per la prima volta nel 1968, con la legge n. 132, “Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera”. Tuttavia, già nel 1945 all’Ospedale Gaslini di Genova venne data particolare attenzione al benessere e ai bisogni del degente, soprattutto durante le lunghe permanenze.

Sicuramente esso rappresenta un “ponte verso l’esterno”, ovvero un servizio in grado di fornire informazioni e dare supporto in merito a ciò che accadrà dopo le dimissioni, nella fase di transizione tra il luogo di cura istituzionale, l’Ospedale, e i servizi presenti sul territorio, quali ad esempio i consultori familiari o altre strutture di assistenza sanitaria-psicologica-sociale, garantendo così un passaggio “protetto”, sicuro ed affidabile.

L’assistente sociale ospedaliero può offrire colloqui di consulenza rivolti sia al personale medico ed infermieristico, sia alle famiglie interessate, al fine di individuare eventuali situazioni di bisogno, concordare gli interventi necessari e definire le risorse da attivare. Tale figura si occupa, inoltre, di informare i genitori sulle misure di sostegno di cui potrebbero beneficiare, quali ad esempio l’assegno unico universale per i figli a carico o il più recente “bonus latte artificiale”, un contributo economico pensato per tutte le mamme che per diverse ragioni non hanno la possibilità di allattare i propri figli in modo naturale.

Tra i servizi offerti sono previsti anche interventi di segretariato sociale, ovvero azioni di informazione alla famiglia circa le disposizioni di legge che la riguardano a fronte della situazione di prematurità, le modalità di accesso e i criteri di inclusione ed esclusione per le singole prestazioni. Tra queste rientra la Legge 104/92, i cui principali fruitori sono le persone con disabilità e i loro caregiver, ma che da qualche anno viene riconosciuta anche ai bimbi nati prematuri e ai loro genitori, grazie all’impegno di associazioni che si sono battute per tutelare il neonato e per assistere al meglio chi si occupa di lui.

Nei casi più critici e delicati, durante i primi mesi di vita, può essere richiesta l’attivazione dell’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.), con lo scopo di aiutare i neogenitori nella fase di distacco dall’ospedale e di accompagnarli nel processo di autonomia nella gestione dei propri figli, provando in questo modo ad alleviare le loro paure ed il timore di essere lasciati soli in situazioni complesse e ancora poco conosciute. Infine, nel caso in cui venissero segnalate situazioni di abbandono o maltrattamento, presunto o accertato, che prevedono risvolti di tipo legale, l’assistente sociale interviene in collaborazione con l’autorità competente e su segnalazione del servizio medico di riferimento al fine di gestire la delicata situazione rilevata.

Quali sono le modalità di accesso al servizio sociale ospedaliero?

L’accesso può essere diretto, quando è la famiglia stessa che ne fa richiesta, oppure indiretto, nel caso in cui il primo contatto avvenga dietro segnalazione di un medico, di un infermiere o del caposala che hanno rilevato una situazione di disagio o di bisogno psicosociale. La richiesta di presa in carico può provenire anche da enti esterni che hanno seguito o seguono il nucleo familiare. L’approccio che l’assistente sociale cerca di utilizzare è il più possibile partecipativo al fine di coinvolgere i genitori con un intervento multidisciplinare che consenta di lavorare in un’ottica di sinergia per promuovere e rafforzare le competenze e le risorse che già sono presenti.Il servizio sociale ospedaliero rappresenta, quindi, un punto di riferimento importante per tutte quelle famiglie che sono impegnate a dover affrontare il delicato percorso della prematurità e che possono trovare in tale figura un supporto, una guida e una fonte utile di molteplici informazioni.

Dott.ssa Francesca Ditta
Psicologa
Unità di Rho