La nascita di un neonato prematuro è un’esperienza emotiva molto complessa per i genitori, altamente stressante. Il ricovero di un figlio in Terapia Intensiva Neonatale può essere considerato un vero e proprio evento traumatico, un percorso dove il fattore temporale è spesso poco definibile e dove entrambi i genitori si trovano a riorganizzare la propria vita, in relazione alle necessità e alla crescita del proprio figlio/a in un ambiente non familiare e con forti preoccupazioni che riguardano in primis le condizioni cliniche del bambino. Molti sono i fattori stressanti a cui i genitori sono esposti: l’esperienza di separazione dal proprio figlio in modo spesso totalmente inaspettato, lo svolgere il proprio ruolo genitoriale in una condizione dove, facilmente, mancano le forme di accudimento primario (la nutrizione, il cambio del pannolino…), il vivere un ambiente altamente tecnologico come quello della TIN. Comuni e frequenti sono sentimenti di paura, tristezza, rabbia, sensi di colpa e di inadeguatezza per le madri e i padri. La letteratura concorda nel ritenere la nascita prematura come fattore di rischio (anche se mai causa determinante) per lo sviluppo di sintomatologia ansiosa, depressione e per il disturbo post traumatico da stress.
Il post partum già di per sé può essere condizione generativa di ansie per le madri, e facilmente insorgono preoccupazioni che possono riguardare la gestione del nuovo ruolo piuttosto che i cambiamenti nel sistema familiare. In alcuni casi tali preoccupazioni possono evolvere in una condizione ansiosa che crea difficoltà soggettive e va a compromettere lo svolgimento delle attività quotidiane. La Depressione Post-Partum (DPP) è un disturbo dell’umore definito tale sulla base di un criterio temporale, per il fatto che viene riconosciuto entro le prime quattro settimane dal parto. La DPP generalmente si distingue dal Baby Blues o Maternity Blues che è uno stato molto diffuso e transitorio tra le donne, caratterizzato da una labilità emotiva che insorge nella prima settimana dopo il parto e tende a regredire spontaneamente, più che altro legato alle grandi variazioni ormonali che la donna vive. Si stima che l’incidenza del Baby Blues sia all’incirca tra il 40% e l’80%, mentre la DPP interessa il 13% delle madri. La DPP, inoltre, si distingue dalla Psicosi Post-Partum che è un fenomeno raro (incidenza tra 0,1% e 0,5%), acuto, da considerarsi una vera e propria urgenza psichiatrica. Sintomi della DPP riscontrabili nelle donne sono l’umore disforico; la perdita di interesse nelle attività che abitualmente danno piacere, inclusa la cura del piccolo; le difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni; agitazione psicomotoria o anergia; astenia, modificazioni dell’appetito o del sonno; ricorrenti pensieri di morte e/o di suicidio; sentimenti di inadeguatezza, specialmente come madre nei confronti del bambino.
Anche i padri possono manifestare problemi emotivi e vivere criticamente la nascita del figlio, anche nei mesi precedenti alla nascita. Per quanto la condizione paterna sia ancora oggi meno studiata, tutta la letteratura concorda ormai sul riconoscere possibile una sintomatologia depressiva nel padre. Tale sofferenza è spesso espressa meno intensamente che nella donna con vissuti meno gravi a cui si accompagnano però più facilmente altri disturbi psicologici e comportamentali (disturbi d’ansia, somatizzazioni, crisi di rabbia, forme di dipendenza). La letteratura più recente afferma che il distress conseguente alla nascita prematura può evolvere in un disturbo da stress post-traumatico che porta con sé vissuti di intensa paura e impotenza, oltre ai sintomi che possono includere il rivivere l’esperienza (pensieri intrusivi, sogni e flashback), l’evitamento, una elevata attivazione fisiologica (problemi del sonno, ipervigilanza, irritabilità).
È davvero importante conoscere e riconoscere questi vissuti in modo che i genitori possano essere sostenuti e accompagnati sia nel prendersi cura di sé che nella relazione coi propri bambini. La cura del neonato richiede una presa in carico anche del benessere delle figure genitoriali che, secondo un approccio “Family Centered”- ovvero una modalità assistenziale che riconosce la centralità della famiglia nella vita del bambino – sono risorsa sia nell’accudimento che nell’assistenza dei figli. Proprio per sostenere emotivamente i caregiver sempre più frequente è previsto l’intervento della figura dello psicologo in TIN, a sostegno dell’esperienza della prematurità sia durante la degenza che durante e dopo le dimissioni. Questo in linea con un approccio che valorizzi la “non dimenticanza di sé” da parte dei caregiver, seppure in una condizione di incertezza come quella che spesso caratterizza la nascita prematura: la presenza di sintomatologia ansiosa e depressiva può avere impatto su aspetti di sviluppo cognitivo, emotivo e comportamentale dei figli.
Fattori di protezione su cui la letteratura concorda e che è importante valorizzare perché possono sostenere l’esperienza della prematurità e renderla meno impattante a livello psicologico sono: la condivisione sociale (ad esempio il confronto con altri genitori che condividono l’esperienza della TIN piuttosto che il dialogo con genitori che già hanno vissuto l’esperienza della prematurità), il supporto sociale percepito, la reperibilità delle informazioni – ossia la ricerca attiva di informazioni riguardo ad un evento spesso inaspettato, totalmente nuovo. Proprio rispetto a questo ultimo punto diventa realmente importante la gestione della comunicazione coi genitori all’interno del reparto, perché possa esserci una modalità comunicativa chiara e di facile comprensione già dai primi momenti della degenza in reparto.
Anche la possibilità di avere un contatto con il figlio sembra aiutare il genitore a “sintonizzarsi” con il bambino e la situazione che sta vivendo. Sono ampiamente descritti in letteratura i benefici del contatto tra madre e bambino, sia per lo sviluppo fisico ed emotivo di questo ultimo, sia perché sembra permettere una attenuazione dell’ansia genitoriale. Hanno così molta importanza iniziative quali l’apertura del reparto 24 h su 24 o, da parte del personale, il coinvolgimento continuativo del genitore nella gestione del proprio bambino, ovviamente compatibilmente con le condizioni cliniche del neonato. Per gli operatori accompagnare il genitore alla marsupioterapia, invitarlo all’utilizzo della voce nell’incontro col proprio bambino, promuovere l’allattamento nel rispetto della scelta materna, possono essere tutte modalità che agevolano il benessere di tutto il sistema famiglia.