Il sonno è un processo chiave del neuro-sviluppo in quanto influenza la maturazione cerebrale attraverso il consolidamento della memoria, lo sviluppo di funzioni esecutive ed emotive e favorendo la plasticità neuronale. La nascita pretermine (ovvero ad un’età gestazionale inferiore alle 37 settimane) determina l’esposizione del neonato all’ambiente extrauterino nel momento di maggior evoluzione dell’encefalo, cioè il terzo trimestre di gravidanza. Uno degli obiettivi della neonatologia moderna è quello di salvaguardare e proteggere la maturazione cerebrale del pretermine che, come conseguenza stessa della prematurità, anche in assenza di lesioni cerebrali, presenta alcune differenze (per es. un minor volume della sostanza grigia in alcune sedi dell’encefalo) rispetto ai neonati a termine confrontati alla stessa età post-mestruale.

La maturazione encefalica dal periodo fetale a quello del lattante si riflette nello sviluppo degli stati comportamentali: sonno attivo, sonno tranquillo, veglia attiva e veglia tranquilla. In base a questa classificazione il sonno del neonato è dunque distinto in sonno attivo (che corrisponde alla fase REM del sonno dell’adulto) e sonno tranquillo (che corrisponde alle fasi di sonno non REM dell’adulto).

Nel neonato il sonno può essere studiato mediante la video-elettroencefalogramma (EEG)-polisonnografia che permette di analizzare gli atti motori, la funzione cerebrale, i parametri cardiorespiratori ed i movimenti oculari del soggetto. In base all’EEG il sonno attivo è caratterizzato da un tracciato continuo e presenza di movimenti oculari, mentre il sonno tranquillo ha un tracciato discontinuo. Inoltre, l’attività elettroencefalografica non corrispondente ad un sonno attivo né tranquillo, viene definita sonno indeterminato ed è una fase di transizione che riflette l’immaturità dell’organizzazione del sonno.

Prima delle 28 settimane di età gestazionale (corrispondente ad una prematurità estrema) si riconosce un sonno rudimentale o stato di quiete della durata variabile di 10-55’. Verso le 28-29 settimane di età gestazionale inizia invece a riconoscersi una differenziazione tra sonno tranquillo e attivo (probabilmente legato all’azione modulatrice dei nuclei della base sulla corteccia cerebrale). Ma è dopo la 30a settimana di età gestazionale che si identificano chiaramente lo stato di sonno attivo, di sonno tranquillo ed i periodi di sonno indeterminato che occupano fino al 50% del tempo totale del sonno. Oltre l’età della prematurità grave (definita come età gestazionale ≤ 32 settimane) si osservano sempre più modificazioni dell’EEG durante il sonno che rispecchiano la maturazione cerebrale che riorganizza le fasi del sonno, e si riconosce anche lo stato di veglia attiva (la veglia tranquilla compare invece verso la 35a settimana di età post-mestruale). Infine, a termine di gravidanza si riconoscono cicli del sonno che si ripetono più volte nelle 24 ore e che hanno durata di circa 3-4 ore e si riducono i periodi di sonno indeterminato (circa il 20% della durata del sonno).

L’evoluzione fisiologica del sonno presenta successivamente due momenti importanti: verso le 48 settimane di età post-mestruale, quando avviene una transizione da sonno neonatale a sonno infantile in cui cambia la terminologia per cui il sonno attivo è chiamato “REM” ed il sonno tranquillo “non REM”; e verso i 3 anni di età anagrafica quando si completa la maturazione del ritmo circadiano sonno-veglia (espressione di stabili connessioni e circuiti corticali e sottocorticali).

La prematurità determina il ricovero del neonato in un reparto di terapia intensiva o patologia neonatale dove gli stimoli luminosi, sonori e tattili, legati alle manovre assistenziali, interrompono il sonno ed influenzano la maturazione cerebrale. È possibile che sia alterata la maturazione dei nuclei soprachiasmatici, direttamente coinvolti nel ritmo sonno-veglia, così come le stesse condizioni generali legate alle complicanze della prematurità (insufficienza respiratoria, instabilità emodinamica, sepsi, intolleranza alimentare, ecc…) possono influenzare l’architettura del sonno, determinando cicli di sonno più lunghi, maggior quantità e comparsa del sonno tranquillo soprattutto nelle ore diurne, piuttosto che notturne. È anche vero che la prematurità espone ad una maggior probabilità di disturbi respiratori ostruttivi nel sonno, che a loro volta alterano la qualità del sonno.

Gli studi condotti negli ultimi anni, attraverso la compilazione di questionari da parte dei genitori di ex neonati prematuri e non, riportano risultati discordanti sulle differenze del sonno tra i due gruppi. Tuttavia, i bambini in età prescolare nati pretermine sembrano presentare disordini del sonno con maggior frequenza rispetto ai coetanei nati a termine e vi è una correlazione inversa con l’aumento dell’età gestazionale (maggiore è la prematurità, maggior frequenti sono i disturbi del sonno). Durante l’età scolare, tra i soggetti prematuri sono emersi un maggior numero di risvegli notturni rispetto ai coetanei, una minor qualità del sonno (intesa sia come minor tempo di sonno rispetto al tempo in cui rimangono a letto sia come aumento della fase 2 del sonno non REM a discapito della fase 3 del sonno non REM), maggior russamento e più frequenti episodi di addormentamento diurno. Infine, gli adolescenti ex prematuri sembrano dormire meno e andare a letto prima dei coetanei nati a termine.

In terapia intensiva neonatale vengono messe a punto alcune strategie per promuovere una fisiologica maturazione cerebrale anche attraverso il rispetto del sonno del neonato. Per esempio, viene proposta ed incoraggiata la Kangaroo-Mother-Care in quanto il contatto pelle a pelle migliora l’attività cerebrale durante le fasi di sonno attivo che, a sua volta, stimola memoria e sviluppo encefalico, e di sonno tranquillo, che favorisce il mantenimento dei cicli sonno-veglia, la plasticità cerebrale e il consolidamento dei processi neuronali. Infine, si cerca di applicare un minimal handling protocol facendo coincidere temporalmente le attività di assistenza infermieristica e medica per disturbare il meno possibile i neonati nell’arco della giornata.

Ester Capecchi
Dott.ssa Ester Capecchi
Neonatologa
Unità di Niguarda