Chi sono i neonati prematuri?

Si definiscono neonati prematuri tutti quelli nati prima della 37a settimana di gestazione. In Italia sono circa 30000 ogni anno (pari al 7% di tutti i nati). In base all’età gestazionale definiamo:

  • estremamente pretermine: nati < 28 settimane;
  • molto pretermine: nati tra la 28a e la 31a settimana +6 giorni;
  • moderatamente pretermine: nati tra la 32a e la 33a settimana +6 giorni;
  • lievemente pretermine: nati tra la 34a e la 36a settimana +6 giorni.

Combinando il peso alla nascita con l’età gestazionale i neonati prematuri che presentano più criticità sono quelli piccoli per età gestazionale (SGA) il cui peso alla nascita è uguale o inferiore al 10° percentile. I bambini che nascono prematuramente, soprattutto SGA, non hanno un organismo sufficientemente pronto per adattarsi alla vita extrauterina in autonomia e pertanto hanno la necessità di maggiori cure e attenzioni.


Quali sono le cause del parto pretermine?

Le cause di parto pretermine sono molteplici e possono riguardare lo stato di salute della madre, la gravidanza in atto o direttamente il feto. Spesso è difficile identificare una causa precisa in quanto sono più fattori di rischio che interagendo tra loro portano ad un parto prematuro.

Tra i fattori materni che possono aumentare il rischio di parto pretermine vi sono l’età materna troppo giovane (< 16 anni) o avanzata (> 35 anni), problemi di salute come diabete, cardiopatie, ipertensione, obesità, un peso corporeo incongruo, un’attività fisica eccessiva, abuso di sostanze e fumo di tabacco.

Tra i fattori legati alla gravidanza i principali sono la primiparità o una gravidanza multipla (soprattutto in caso di ricorso a fecondazione medicalmente assistita con l’impianto di più̀ embrioni), la presenza di malformazioni dell’utero o anomalie di impianto della placenta e le patologie del liquido amniotico (scarso o eccessivo).


Come prevenire un parto pretermine?

Per cercare di prevenire un parto pretermine occorre intervenire sui fattori di rischio noti e modificabili (dieta, abitudini sbagliate, trattare condizioni mediche note o emergenti). In caso di contrazioni o rottura prematura delle membrane occorre effettuare un monitoraggio del benessere fetale ed eventualmente interrompere le contrazioni. La misurazione della lunghezza della cervice uterina può essere predittiva di parto pretermine.

Un metodo efficace per predire il parto pretermine è rappresentato dalla cervicometria, cioè la misurazione ecografica della lunghezza della cervice uterina, che avviene a 22-24 settimane per lo screening dei casi a rischio. Questa misurazione è anche effettuata in tutti i casi di gravide sintomatiche, cioè con contrazioni o sanguinamento. Nelle pazienti in cui la misurazione della cervice è al di sotto dei valori di normalità, esiste un rischio del 55% di avere un parto pretermine. Tale percentuale aumenta nelle donne con precedente parto pretermine.


Come attenuare le conseguenze della prematurità?

La marsupioterapia e il massaggio del neonato sono due delle metodiche che si possono metter in atto per facilitare e sostenere il contatto genitore-neonato e portare una serie di benefici ad entrambi.

La marsupioterapia, o kangaroo mother care o skin-to-skin contact, nasce negli anni ’70 in Colombia per far fronte al gran numero di nati e alla carenza di incubatrici per assistere i neonati prematuri o di basso peso alla nascita che avevano già superato la fase critica, per stimolare l’avvio all’allattamento materno e favorire una ottimale relazione madre – figlio, con grandi vantaggi per la salute e la serenità di entrambi. La tecnica consiste nel creare situazioni di contatto pelle a pelle tra un genitore e il neonato. Oggi viene utilizzata in tutto il mondo e viene suggerita anche per i nati a termine, in quanto attenua il brusco distacco che si realizza con il parto e aiuta la mamma a sviluppare competenza e sicurezza nell’accudimento del proprio bimbo.

Per i neonati il massaggio risulta la possibilità di vivere sensazioni gradevoli che possono compensare gli interventi più dolorosi e invasivi a cui spesso sono sottoposti. Il tocco può ridurre le esperienze stressanti dei bambini e agevolarne il sonno. Sperimentare la vicinanza fisica coi propri figli può aiutare i caregivers nel far fronte alle comunicazioni rispetto alle condizioni cliniche del neonato durante la degenza.


Che cos’è il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nei genitori pretermine? Quali sono i fattori di protezione?

Il Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è un disturbo che si sviluppa generalmente a seguito di un evento particolarmente stressante, imprevisto, non desiderato. Si parla quindi di trauma, ossia esperienze quali eventi catastrofici o violenti, e situazioni in cui la persona percepisce una minaccia alla propria o altrui integrità fisica o psichica.

Anche la nascita pretermine può provocare un livello considerevole di stress per i genitori che possono sviluppare sintomi talora rinviabili a un disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Sono quindi di fondamentale importanza tutti quegli interventi psicosociali che possono accompagnare i genitori nella cura di sé e che li sostengono nell’affrontare lo stress, al fine di prevenire lo sviluppo di PTSD.

Tra i fattori di protezione sicuramente ha grande valore il ruolo del personale medico, infermieristico e ostetrico, il fatto che i genitori possano essere sostenuti nel processo di incontro con il/la figlio/a – nella pratica dello skin to skin per esempio, oppure nell’avvio dell’allattamento – e l’avere accanto figure affettive significative. La possibilità di accedere a un servizio specialistico di consultazione psicologica per interventi di supporto all’elaborazione di quanto si è vissuto/si sta vivendo è altamente consigliato.


Quali sono le caratteristiche dell’alimentazione del neonato prematuro?

La nascita pretermine ha, tra le altre conseguenze, il fatto che il neonato prematuro abbia minori riserve di nutrienti e dunque maggiori richieste nutritive che si traducono soprattutto in un fabbisogno aumentato in termini di energia, proteine, acidi grassi polinsaturi a lunga catena (chiamati LCPUFA), ferro, zinco, calcio e selenio, rispetto al neonato a termine.

Gli strumenti per alimentare il neonato sono: la nutrizione enterale, attraverso cui si forniscono i nutrienti all’intestino che li assorbe, e la nutrizione parenterale, modalità in cui i fabbisogni di carboidrati, proteine e grassi, necessari all’accrescimento dell’organismo, vengono somministrati attraverso un catetere direttamente nel circolo sanguigno, da cui si distribuiscono a tutti gli organi.

Come avviene la nutrizione enterale in Terapia Intensiva Neonatale (TIN)?

In TIN viene posta attenzione alla tolleranza alimentare monitorando clinicamente il neonato e adattando le quantità nutritive ai suoi bisogni, valutandone la crescita quotidiana. Anche per il neonato prematuro il latte della propria mamma rappresenta l’alimento di scelta per le migliori qualità nutrizionali e immunologiche. In sua assenza è possibile usare il latte donato di altre donne (banca del latte umano donato) o il latte artificiale di cui esistono formule ad hoc per i prematuri (che si possono assumere fino a 40-52 settimane post concezionali). Per favorire la crescita del prematuro si è soliti fortificare il latte materno mediante prodotti che ne aggiungono macro e micronutrienti. La temperatura ottimale a cui somministrare il latte dovrebbe essere 32-34°C.

Come avviene lo svezzamento?

È fondamentale scegliere il momento dello svezzamento in base alla valutazione del singolo caso, in modo da individualizzare il più possibile questa tappa, dal momento che la popolazione dei prematuri è assai eterogenea. In merito a queste considerazioni può essere utile un follow up multidisciplinare con nutrizionista e logopedista per i casi che lo necessitano.


Che cosa comunica il pianto del neonato prematuro?

Il pianto è la prima espressione di vita alla nascita ed è la principale modalità di comunicazione del neonato per manifestare le proprie necessità fisiologiche e psicologiche. Il neonato, come ogni individuo, esprime le proprie esigenze e i propri sentimenti e lo fa, nel primo periodo della vita, anche – e soprattutto – attraverso il pianto. Questo rappresenta quindi la forma di comunicazione primaria: è il linguaggio del neonato che richiama l’attenzione dei genitori per richiedere nutrimento, aiuto, protezione e conforto. Compito dei genitori è quello di sintonizzarsi con i bisogni del proprio bambino, osservare e imparare ad ascoltare e interpretare il significato di quel pianto.

Il tono del pianto nei neonati, sia nati prematuri che nati a termine, è un segnale che permette di individuare precocemente un disagio, problema o sofferenza. Soprattutto, nei nati prematuri, il suono e la frequenza del pianto possono fornire informazioni precoci rispetto ad altri esami diagnostici; l’onda sonora contiene, infatti, informazioni sullo stato fisico e su possibili patologie del bambino.

Anche lo stato d’animo dei caregiver può incidere rispetto allo stato di quiete del neonato e vissuti di stress possono incidere negativamente.

Ascoltando le caratteristiche del pianto, in particolare il suo timbro, la sua intensità e durata, si possono ricavare numerose informazioni di seguito riportate:

  • Il pianto da fame: il cui l’inizio è a bassa intensità per poi divenire più forte e ritmico;
  • Il pianto da dolore: intenso, forte fin dall’inizio e prolungato nel tempo con, a seguire, una fase di silenzio e presenza di singhiozzi alternati a brevi inspirazioni;
  • Il pianto da collera: simile al pianto da fame, ma con tonalità più bassa ed intensità costante.

Se il pianto non è provocato da dolore, fastidio, fame o sete probabilmente deriva dalla necessità di vicinanza e/o di contatto ed attenzione del bambino da parte dei genitori. Da sottolineare è l’importanza della sicurezza di ricevere cura e consolazione da parte del neonato: è falso pensare che lasciando piangere un bambino si rafforzerà da un punto di vista identitario, ma anzi è proprio la sicurezza di essere accolti e compresi nel pianto che lo aiuterà a comprendere come auto consolarsi e gestire il piando nel corso dello sviluppo.

È importante che i genitori possano sentirsi accompagnati nel processo di comprensione del pianto del loro bambino, trovando nel pediatra un punto di riferimento a cui chiedere consigli su come comportarsi di fronte al bambino che piange.


Quali interventi a supporto dell’esperienza del lutto perinatale in TIN?

La morte di un neonato nato pretermine, per quanto sempre più rara grazie all’avanzare delle tecniche di cura, è un evento tragico per i genitori e non semplice da accompagnare anche per gli operatori. La letteratura e le esperienze concordano nel ritenere che ci sono modi/interventi che possono aiutare e sostenere il genitore e la coppia nell’esperienza del lutto. In primo luogo aver la possibilità di ricevere le opportune e chiare informazioni rispetto alla condizione clinica e alla prognosi del proprio figlio o figlia; avere la possibilità di parlare, e poter sentire le “parole giuste”: per i genitori capire che la loro perdita non viene sminuita e che il loro dolore è empaticamente compreso e riconosciuto può essere di sostegno per tollerarlo.

Nel tempo possibile, poter stare col proprio bambino o bambina e dedicarsi a lui o lei, con un adeguato sostegno, medico-infermieristico – psicosociale- religioso, risulta essere centrale: il contatto con il proprio bambino o bambina può essere di conforto e aiutare anche il successivo processo di elaborazione del lutto.

Il lutto è di per sé un evento difficoltoso da elaborare, e la morte di un figlio è forse la peggiore perdita, innaturale, fuori dal “tempo previsto”: ecco perché è così estremamente importante affidarsi agli operatori e ai supporti significativi esterni per poterlo integrare nella propria esperienza di vita, seppure con sofferenza. Condividere con genitori che purtroppo possono avere una esperienza simile (esistono delle associazioni di genitori dedicate) e poter avere un supporto, anche psicologico, può essere di estrema importanza in un momento così complesso.  


COVID-19: quale impatto in gravidanza e in età neonatale?

La malattia da Coronavirus 2019 (COVID-19) si è diffusa in tutto il mondo, rappresentando uno dei principali cambiamenti di salute pubblica.Nonostante gli aspetti devastanti della pandemia in tutto il mondo, numerosi studi sono tuttora in corso e gli effetti del virus sull’organismo non sono ancora del tutto noti.

L’infezione da COVID 19 in gravidanza e in età neonatale ha rappresentato un’entità del tutto nuova anche per gli ostetrici e per i neonatologi.

L’infezione da COVID-19, nel corso di una gravidanza per il resto fisiologica, non rappresenta un’indicazione ad anticipare il parto, né a condizionarne la modalità (taglio cesareo vs parto eutocico). Tuttavia l’infezione sintomatica da COVID-19 nel III trimestre di gravidanza comporta un rischio aumentato di parto pretermine.

La vaccinazione anti COVID 19 in gravidanza rappresenta un’importante misura di prevenzione, sia per la salute della donna che del neonato, ed è pertanto raccomandata da tutte le organizzazioni scientifiche internazionali.

Per quanto riguarda i neonati prematuri, è stato dimostrato che la positività per COVID-19 correla con una maggior durata dell’ospedalizzazione, con problemi respiratori, febbre e disturbi gastrointestinali. 

L’allattamento al seno, in caso di positività materna per COVID-19, non è associato ad aumentato rischio di infezione per il neonato. I dati disponibili circa le misure di care neonatale indicano che anche il contatto pelle-pelle madre e neonato, il rooming-in (condivisione della stanza 24 ore su 24) e la Kangaroo Mother Care per i bambini nati prematuri non aumentano il rischio di trasmissione dell’infezione da COVID-19 dalla madre al neonato qualora siano messe in atto tutte le misure di prevenzione, quali l’utilizzo della mascherina e il lavaggio delle mani.

Quale relazione esiste tra prematurità e gemellarità?

In Italia il 3% di tutti i nati nascono da gravidanze multiple e tale percentuale è in aumento negli ultimi anni con il diffondersi delle tecniche di fecondazione assistita.

Una gravidanza gemellare è associata a maggiori complicanze rispetto a quelle singole. Più del 50% dei gemelli nasce pretermine (rispetto al 7% dei singoli) ed il rischio per i gemelli di nascere con un peso alla nascita inferiore a 1500 grammi è del 10-15% rispetto all’ 1% dei nati singoli.


Quali sono le possibili conseguenze di una nascita pretermine?

Le conseguenze della nascita prematura variano a seconda del grado di prematurità; minore è l’età gestazionale maggiore sarà l’immaturità funzionale e quindi il rischio di dover ricorrere a cure intensive. In generale i neonati pretermine vanno incontro principalmente a complicanze respiratorie, cardiocircolatorie e neurologiche.

I neonati più a rischio sono quelli estremamente pretermine, nati cioè al di sotto delle 28 settimane di età gestazionale: i problemi più tipici sono soprattutto quello del supporto, in maniera più o meno invasiva, della funzionalità respiratoria in quanto non sono ancora in grado di produrre surfattante che ovviamente deve essere da noi somministrato e quello cardiocircolatorio con aumentato rischio di ipotensione e ricorso a farmaci inotropi. Il rischio di infezione deve essere sempre tenuto sotto controllo vista l’immaturità del sistema immunitario e la possibile presenza di cateteri venosi, tubi endotracheali che possono favorire l’insorgenza di infezioni.


Quali sono le caratteristiche del sonno del neonato prematuro?

Il sonno è un processo chiave del neuro-sviluppo in quanto influenza la maturazione cerebrale attraverso il consolidamento della memoria, lo sviluppo di funzioni esecutive ed emotive e favorendo la plasticità neuronale. La nascita pretermine determina l’esposizione del neonato all’ambiente extrauterino nel momento di maggior evoluzione dell’encefalo, cioè il terzo trimestre di gravidanza. Uno degli obiettivi della neonatologia moderna è quello di salvaguardare e proteggere la maturazione cerebrale del pretermine che, come conseguenza stessa della prematurità, anche in assenza di lesioni cerebrali, presenta alcune differenze rispetto ai neonati a termine confrontati alla stessa età post-mestruale.

In terapia intensiva neonatale vengono messe a punto alcune strategie per promuovere una fisiologica maturazione cerebrale anche attraverso il rispetto del sonno del neonato. Per esempio, viene proposta ed incoraggiata la Kangaroo-Mother-Care in quanto il contatto pelle a pelle migliora l’attività cerebrale durante le fasi di sonno attivo che, a sua volta, stimola memoria e sviluppo encefalico, e di sonno tranquillo, che favorisce il mantenimento dei cicli sonno-veglia, la plasticità cerebrale e il consolidamento dei processi neuronali. Infine, si cerca di applicare un minimal handling protocol facendo coincidere temporalmente le attività di assistenza infermieristica e medica per disturbare il meno possibile i neonati nell’arco della giornata.


Come si comunica la prematurità ai fratellini e alle sorelline?

È importante che i/le bambini/e a casa possano sapere quello che sta succedendo e che siano informati rispetto al percorso del proprio fratello/sorella, ovviamente con modi e comunicazioni che tengano conto dell’età e delle caratteristiche dei bambini. Con loro andrebbero utilizzate parole chiare, concrete, ma rassicuranti, ad esempio rispetto alle motivazioni del ricovero in TIN: è importante spiegare che si tratta di qualcosa che può capitare e che non dipende da qualcosa che hanno detto o pensato rispetto all’arrivo del fratellino. Ad esempio, alcuni/e bimbi/e possono credere che la condizione medica del/la fratellino/sorellina dipenda dalla loro non piena accettazione di questa nuova presenza. Il ricovero di un neonato, infatti, può complicare quei sentimenti già di gelosia e contrasto che un fratello/una sorella può fisiologicamente sperimentare.

Condividere con i/le figli/e a casa i propri vissuti emotivi negativi, come la tristezza e la rabbia, è un passaggio importante per i genitori dal momento che i/le bambini/e facilmente si accorgono delle emozioni delle persone adulte e altrettanto facilmente possono farle proprie. È importante che i genitori provino a spiegare i loro vissuti, rassicurando i/le figli/e rispetto al fatto che provare emozioni “negative” è possibile senza perdere la fiducia nel percorso medico, né l’amore verso i propri bambini, in ospedale e a casa.

Come persone adulte è importante accogliere i vissuti di fatica che i fratelli possono sperimentare e diventa davvero importante l’apertura che si riesce a dimostrare rispetto al dialogo nel caso in cui i bambini ne sentano il bisogno. Proprio per via delle difficoltà che possono esserci nel mantenere equilibri sottili e complessi sia in ospedale che a casa, è fondamentale per i genitori poter avere accesso all’interno dell’Unità Operativa alla figura dello psicologo con cui liberamente possano decidere di aprirsi, confrontarsi, chiedere consigli, anche rispetto a situazioni di equilibrio casa/ospedale.


Qual è il ruolo dei nonni (e non solo…) nella nascita pretermine?

A causa dell’imprevedibilità di un evento come la nascita pretermine, il trauma emotivo subito dai genitori comporta un difficile percorso di ri-elaborazione per le famiglie.

In tale ottica i genitori di neonati pretermine hanno spesso bisogno di un supporto e un sostegno che non dipende solamente dall’aiuto offerto nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale, ma che può trovare spazio anche nei componenti della famiglia più allargata del bambino/a. La coesione familiare offerta dei nonni, in questo senso, può rivelarsi di grandissimo supporto emotivo e fisico al momento di stress vissuto dai genitori.

Nel modello italiano, i nonni rappresentano delle figure attive e partecipi nella cura e gestione dei nipoti: le forti carenze del sistema di welfare e il modello familistico tipicamente italiano hanno reso particolarmente rilevante il ruolo dei nonni e, in particolare, delle nonne nella crescita dei nipoti e delle nipoti almeno fino ai 10 anni. Sempre di più i nonni rispondono a un modello definito di companionship basato sul coinvolgimento affettivo e confidenziale nei confronti dei nipoti, ma in grado di lasciare le responsabilità educative e di disciplina che restano di competenza dei genitori.

Il supporto dei nonni può essere offerto su dimensioni differenti quali quella emotiva, strumentale o informativa.  Grazie alla presenza delle braccia “più esperte” dei nonni, anche i neo-genitori sentono che possono appoggiarsi e ritrovare un contenitore emotivo che li possa guidare in questa difficoltosa elaborazione, senza interferire nelle scelte complesse che possono accompagnare una nascita prematura.


Che ruolo riveste il servizio sociale ospedaliero e in che cosa può essere utile a un/una neonato/a prematuro/a e alla propria famiglia?

Il Servizio Sociale rappresenta un “ponte verso l’esterno”, ovvero un servizio in grado di fornire informazioni e dare supporto in merito a ciò che accadrà dopo le dimissioni, nella fase di transizione tra il luogo di cura istituzionale, l’Ospedale, e i servizi presenti sul territorio, quali ad esempio i consultori familiari o altre strutture di assistenza sanitaria-psicologica-sociale, garantendo così un passaggio “protetto”, sicuro ed affidabile.

L’assistente sociale ospedaliero può offrire colloqui di consulenza rivolti sia al personale medico ed infermieristico, sia alle famiglie interessate, al fine di individuare eventuali situazioni di bisogno, concordare gli interventi necessari e definire le risorse da attivare. Tale figura si occupa, inoltre, di informare i genitori sulle misure di sostegno di cui potrebbero beneficiare, quali ad esempio l’assegno unico universale per i figli a carico o il più recente “bonus latte artificiale”, un contributo economico pensato per tutte le mamme che per diverse ragioni non hanno la possibilità di allattare i propri figli in modo naturale.

L’accesso può essere diretto, quando è la famiglia stessa che ne fa richiesta, oppure indiretto, nel caso in cui il primo contatto avvenga dietro segnalazione di un medico, di un infermiere o del caposala che hanno rilevato una situazione di disagio o di bisogno psicosociale. La richiesta di presa in carico può provenire anche da enti esterni che hanno seguito o seguono il nucleo familiare. L’approccio che l’assistente sociale cerca di utilizzare è il più possibile partecipativo al fine di coinvolgere i genitori con un intervento multidisciplinare che consenta di lavorare in un’ottica di sinergia per promuovere e rafforzare le competenze e le risorse che già sono presenti.Il servizio sociale ospedaliero rappresenta, quindi, un punto di riferimento importante per tutte quelle famiglie che sono impegnate a dover affrontare il delicato percorso della prematurità e che possono trovare in tale figura un supporto, una guida e una fonte utile di molteplici informazioni.

Che cos’è l’attaccamento? E come si può favorire con i neonati prematuri?

La relazione di attaccamento costituisce il primo legame affettivo del bambino con la figura di accudimento primaria, detta caregiver. È un legame primario ed è la base grazie alla quale i bambini costruisco la propria visione del mondo e regolano le proprie emozioni. È un legame di lunga durata, emotivamente significativo, con persone specifiche, i caregiver appunto, con cui ricerca la vicinanza fisica per avere protezione e sicurezza. Il legame si crea fin dalla gravidanza.

La nascita prematura NON è causa diretta di relazioni di attaccamento disfunzionali, ma può esserne fattore di rischio. Ecco perché fin dal ricovero è di fondamentale importanza che lo staff curante favorisca l’instaurarsi di questo legame insegnando al genitore come prendersi cura del bambino anche “a distanza”, favorendo lo skin to skin (pelle a pelle) non appena possibile e supportando i genitori nel percorso verso la crescita e la dimissione.


Perché è importante il benessere dei caregiver dei neonati prematuri?

Il ricovero di un figlio in Terapia Intensiva Neonatale può essere considerato un vero e proprio evento traumatico. a letteratura concorda nel ritenere la nascita prematura come fattore di rischio (anche se mai causa determinante) per lo sviluppo di sintomatologia ansiosa, depressione e per il disturbo post traumatico da stress.

Per sostenere emotivamente i caregiver sempre più frequente è previsto l’intervento della figura dello psicologo in TIN, a sostegno dell’esperienza della prematurità sia durante la degenza che durante e dopo le dimissioni.

Fattori di protezione su cui la letteratura concorda e che è importante valorizzare perché possono sostenere l’esperienza della prematurità e renderla meno impattante a livello psicologico sono: la condivisione sociale, il supporto sociale percepito, la reperibilità delle informazioni. Anche la possibilità di avere un contatto con il figlio sembra aiutare il genitore a “sintonizzarsi” con il bambino e la situazione che sta vivendo.

Hanno così molta importanza iniziative quali l’apertura del reparto 24 h su 24 o, da parte del personale, il coinvolgimento continuativo del genitore nella gestione del proprio bambino, ovviamente compatibilmente con le condizioni cliniche del neonato.


Quali sono le caratteristiche del dolore nel neonato prematuro?

  • A partire dalla 23° settimana di gestazione il sistema nervoso è anatomicamente e funzionalmente competente per la percezione del dolore. Lo sviluppo delle aree cerebrali deputate a percepire il dolore si completa nel periodo post-natale fino all’anno;
  • nel feto, nel neonato e nel bambino fino a 12-18 mesi di età vi è una ridotta funzione delle vie nervose inibitorie del dolore. Per tale motivo, a parità di stimolo doloroso, in età neonatale la percezione del dolore è maggiore rispetto alle età successive. Nei prematuri la percezione del dolore si manifesta già con uno stimolo di intensità del 30-50% inferiore rispetto all’adulto;
  • nel neonato c’è un ridotto controllo endogeno dello stimolo doloroso; per tale motivo, dopo una procedura dolorosa, i neonati, a termine e prematuri, sperimentano un dolore più prolungato rispetto all’adulto e percepiscono come dolorose anche stimolazioni non dolorose (allodinia);
  • la maturazione del sistema nervoso deputato al controllo del dolore prosegue nell’infanzia. L’esperienza dolorosa che si verifica nel periodo neonatale può interferire sullo sviluppo del sistema algico, provocando un’alterata soglia del dolore nelle età successive;
  • il neonato pretermine ricorda il dolore, con possibili conseguenze comportamentali, cognitive e psicosociali a lungo termine.

I neonati prematuri, durante la degenza in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), sono sottoposti a numerose procedure dolorose e a stimoli ambientali che generano stress. Un adeguato controllo del dolore è molto importante per le conseguenze che può comportare, se non trattato, sullo sviluppo neuro comportamentale.

l controllo del dolore deve essere una priorità nella cura dei neonati, prematuri e a termine. Gli interventi non farmacologici, soprattutto quelli che coinvolgono i genitori, sono sempre raccomandati. 


Che cos’è la Family Centered Care?

L’approccio Family Centered Care (Assistenza incentrata sulle famiglie) riconosce il valore di un’assistenza sanitaria che rispetti le esigenze dei pazienti, delle loro famiglie e della loro comunità. Pur non essendo pensata in modo esclusivo per piccoli pazienti, risulta essere un ottimo modello di assistenza per bambini, in base al quale il paziente e i suoi familiari sono pienamente coinvolti, in collaborazione con gli operatori sanitari, nel processo decisionale e nelle pratiche di cura. L’assistenza incentrata sulle famiglie prevede che tutti gli aspetti assistenziali siano tesi a sostenere e coinvolgere la famiglia con l’obiettivo di migliorare la qualità, il benessere psicologico, gli outcome clinici e l’esperienza complessiva del paziente e dei familiari. Con specifico riferimento all’ambiente della Terapia Intensiva Neonatale (TIN), la Family Centred Care incoraggia il rispetto della relazione tra genitore e bambino da parte dello staff ospedaliero.

La Family Centered Care punta a ridurre i tempi in cui il bambino è isolato dalla sua famiglia in ospedale, puntando, nel rispetto delle condizioni cliniche del piccolo, ad aiutare i genitori a sentirsi accolti, benvoluti e a proprio agio dentro la TIN. Inoltre, favorisce la transizione dall’ospedale a casa e lo sviluppo a lungo termine del bambino con effetti benefici, dunque, che vanno ben oltre il momento del ricovero in ospedale.

Da un punto di vista più operativo, quando l’ospedale decide di adottare una prospettiva Family Centered Care garantisce opportunità tra le quali, ad esempio, dare la possibilità ai genitori di essere accolti in qualsiasi momento della giornata per potersi occupare del proprio bambino.

Sebbene viga un consenso diffuso sull’importanza del coinvolgimento dei familiari nell’assistenza di qualità dei bambini ricoverati in TIN, il grado di attuazione dell’assistenza incentrata sulle famiglie negli ospedali e nei sistemi sanitari varia a seconda delle istituzioni, dei paesi e in Italia delle regioni.


Che cos’è la Family Centered Care?

La nascita prematura di un figlio viene normata dal D.Lgs. 151/2001 e dal successivo D.Lgs. 80/2015 che consentono di tutelare la madre lavoratrice nella gestione del congedo. Il D.Lgs. 151/2001 interviene disciplinando il congedo obbligatorio di maternità e paternità (introducendo la paternità in caso di decesso della madre e di affidamento esclusivo al padre) e offrendo al genitore lavoratore di godere di un periodo più esteso di astensione dal lavoro nei casi di nascita prematura e di ricovero del bambino. Il D.Lgs. 80/ 2015, invece, pone particolare attenzione al “parto fortemente prematuro”, definendolo come quell’evento che si verifica due mesi prima della data presunta del parto. Questo riconoscimento consente di estendere la durata del congedo oltre i 5 mesi previsti nei casi canonici, aggiungendo al congedo i giorni tra la data di nascita presunta e quella del parto prematuro. Ne consegue che le madri lavoratrici avranno diritto alla maternità obbligatoria calcolando tre mesi + due mesi + i giorni tra il parto prematuro e la data ipotizzata inizialmente. Ciò è valido per lavoratrici dipendenti o iscritte alla gestione separata.

Il D.Lgs. 105/2022 ha introdotto il congedo di paternità obbligatorio, riconosciuto al padre lavoratore dipendente per un periodo di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo) e con corresponsione di una indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione. I giorni di congedo non sono frazionabili ad ore e possono essere fruiti anche in modo non continuativo, nel periodo tra i 2 mesi precedenti la data presunta del parto ed i 5 mesi successivi. Tali giorni sono fruibili anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono riconosciuti anche al padre che fruisce del congedo di paternità alternativo di cui all’art. 28 del D.Lgs. n. 151/2001.

Accanto al congedo di paternità, è stato di recente introdotto l’Assegno Unico Universale (AUU) per ogni figlio a carico. Il contributo è erogato da INPS a partire dal settimo mese di gravidanza e viene calcolato sulla base dell’ISEE. I genitori (o chi esercita la responsabilità genitoriale) possono farne direttamente richiesta entro 120 giorni dalla nascita del bambino. L’AUU ha validità fino al compimento dei 18 anni del figlio ed è estensibile fino a 21 anni.

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